top of page

"Forse è questo l'Inferno. Il mio Inferno personale, la mia punizione...?"

 

L'uomo, avvolto in una misera coperta sgualcita e rovinata dagli anni, giaceva tremante sul freddo e duro pavimento di quell'anonima stanza. Intorno a lui non vi era nient'altro altro che oscurità, un gelido buio accompagnato dal vuoto silenzio che permeava fra le pareti vuote e colme di dolore.

 

"Quanto tempo sarà passato? Mesi, settimane o, addirittura, anni...?

 

Tentò di sollevarsi a sedere, ma un dolore lancinante attraversò ogni singola fibra del suo corpo. Le forze vennero a mancargli e fu costretto a fermarsi per riprendere fiato, mentre con la gola secca annaspava per riacquistare il prezioso ossigeno di cui necessitava.

Percepì gli aghi infilati in profondità all'interno delle vene e questa volta non provò nemmeno a sfilarseli. Ci aveva già provato innumerevoli volte, provocandosi raccappriccianti ematomi che tutt'ora marchiavano la sua carne tumefatta.

Improvvisamente i neon posti sopra la sua testa si illuminarono, intervallandosi ad un ritmo alienante che proseguì per diversi minuti.

 

- FIGLI DI PUTTANA, FATELA FINITA!! NE HO ABBASTANZA DEI VOSTRI FOTTUTI GIOCHI SADICI!

 

Non era la prima volta che accadeva. La sua testa, sfiancata dalla prigionia e dai morsi della fame, ne aveva ormai perso il conto.

All'inizio aveva temuto d'impazzire, urlando a squarciagola ed alternando orribili insulti e minacce a lacrimevoli suppliche affinchè quel calvario potesse finalmente avere termine.

Poi, così com'era iniziato, tutto smetteva e l'uomo tornava a disperarsi in quell'oscurità che lentamente aveva imparato a desiderare intensamente.

 

La porta della cella si aprì con un cigolio che alle sue orecchie sembrò insopportabile e due uomini entrarono all'interno della stanza.

Per un breve attimo potè vedere il lungo corridoio alle loro spalle, lo stesso corridoio che a lungo aveva sognato di poter attraversare per fuggire da quel luogo maledetto. La sua mente aveva fantasticato su tutte le strategie da adottare per riuscire in quella titanica impresa, considerate le sue precarie condizioni fisiche.

Si passò la lingua sul vuoto lasciato dai due molari che immancabilmente gli ricordavano l'ultima volta in cui aveva scelto di provarci...

 

Nonostante la testa gli girasse in un turbinio di colori e forme indistinte, l'uomo si era lanciato contro uno dei suoi carcerieri e gli aveva sfondato il cranio a mani nude. I suoi muscoli avevano gioito sadicamente mentre massacrava quel lurido pezzo di merda, una gioia che, tuttavia, era durata troppo poco.

L'inquietante rumore delle ossa rotte, mescolate alla materia cerebrale ed al sangue che avevano impregnato le sue dita, era stato velocemente sostituito dall'inconfondibile sapore ferroso che aveva inondato la sua bocca. I manganelli e i bastoni utilizzati per percuoterlo avevano amplificato la sua soglia del dolore fino a renderlo insopportabile, al punto che la perdita dei sensi fu l'unica grazia che gli venne concessa.

 

- Monitorate le sue funzioni vitali e dopo portategli qualcosa da mangiare

 

Una voce fredda e distaccata pronunciò quelle parole, mentre i due uomini lo sollevavano con forza e lo appoggiavano senza troppi complimenti sulla rigida branda posta al fondo della cella.

Dovette trattenersi diverse volte dall'urlare, nel frattempo che veniva visitato. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di mostrarsi debole e vulnerabile persino nello spirito.

 

- Il battito è molto debole, ma regolare.

Le sue ferite, invece, devono essere medicate il prima possibile. Ha la febbre alta e rischia di morire a causa della setticemia...

 

Un gelido velo di paura e angoscia attanagliò le viscere dell'uomo. Deglutì e guardò negli occhi l'artefice di quell'insensata crudeltà, rimanendo in silenzio per evitare di sputargli addosso tutta la sua ira.

La barba sfatta, gli zigomi tirati e le profonde occhiaie indicavano che nemmeno quel bastardo se la stava passando bene. Nonostante ciò, sul suo viso non vi era nessuna traccia di pentimento e senso di colpa.

 

- Non hai un'anima maledetto cane?

 

Le parole gli uscirono senza che riuscisse a rendersene conto. L'uomo al suo fianco fece per colpirlo, ma venne inaspettatamente interrotto

 

- Fermo!

 

- Dottore, ma...

 

- Zitto. Andate a prendere qualcosa affinchè possa nutrirsi e portate qui un medico con tutto l'occorrente. Serviranno degli antibiotici, quindi non perdete tempo.

 

I due uomini si guardarono perplessi, visibilmente in confusione

 

- Mi scusi, ma non possiamo lasciarla senza protezione...

 

- E' un ordine.

 

Quella risposta non ammetteva ulteriori repliche.

 

Una volta rimasti soli, il dottore si rivolse al suo interlocutore

 

- Le chiedo scusa per l'esuberanza dei miei sottoposti, signor Odello.

Ora, comunque, possiamo tornare a noi: stava dicendo qualcosa riguardo all'anima, se non sbaglio...

 

L'uomo rimase in silenzio, troppo esausto per poter rispondere. I sintomi della febbre avevano iniziato a peggiorare e la testa gli girava vorticosamente.

Le parole giungevano alle sue orecchie come provenienti da un posto lontano, un posto in cui non avrebbe mai più fatto ritorno.

 

- Signor Odello, mi sente?

 

Silenzio.

 

Il dottore estrasse il cellulare dalla tasca e compose un numero senza battere ciglio.

 

- Sì, sono io... Il soggetto è febbricitante e non risponde più agli stimoli. A breve gli somministreremo degli antibiotici per stabilizzarlo, ma ho bisogno di parlare con lui prima di poterlo fare...

 

Rimase in silenzio, ascoltando la risposta dall'altra parte della linea

 

- Esatto. Aumentate il dosaggio, mi serve lucido.

 

Interruppe la telefonata e attese paziente.

Pochi minuti dopo l'uomo si alzò di scatto, respirando affannosamente come se fosse rimasto in apnea fino al limite massimo di sopportazione.

 

- Che cos... Che cazzo è successo...??

 

Il dottore si avvicinò, osservando attentamente le pupille dilatate e vigili del soggetto.

 

- Bene, vedo che finalmente è tornato fra noi signor Odello...

 

- Tu... Tu figlio di putt...

 

- Mi ascolti bene e non si sforzi inutilmente. Qualsiasi tentativo di ribellione o che possa minare la mia incolumità non porterà a nulla di buono per lei, mi creda.

Stia calmo e mi ascolti...

 

Fece una pausa, riprendendo fiato e sistemandosi il colletto del camice che indossava

 

- So che vorrebbe avere delle risposte a tutto ciò che le sta accadendo, ma purtroppo non posso dargliele. Le basti sapere che il suo ruolo è di vitale importanza per la riuscita dei miei studi...

 

Studi?

Che diavolo stava farneticando quello squilibrato?

 

- Non mi... Non mi interessa un cazzo di quello che stai dicendo, fottuto pazzo senz'anima!

 

Un lieve sorriso carico di amarezza si delineò sul viso del dottore

 

- Lei ha ragione, ma solo per metà.

Probabilmente la mia anima non sarà mai redenta dalle sue colpe, ma le assicuro che non sono un pazzo.

Prima di procedere ulteriormente volevo solo farle sapere che, seppure il suo nome si perderà fra le pagine della storia, le prometto che io non dimenticherò mai il suo sacrificio. Il suo e quello dei molteplici altri che, come lei, avranno contribuito a cambiare questo mondo...

 

Odello rimase sconvolto nel percepire l'assoluta convinzione che trasudava da quelle folli parole.

Quell'uomo credeva fermamente in ciò che affermava, manifestandolo attraverso i suoi occhi in una totale consapevolezza delle sue azioni e dei suoi ideali.

Incapace di poter ribattere ulteriormente, riuscì a malapena a rispondergli con una breve frase

 

- Che tu sia dannato...

 

In quel momento ritornarono i due uomini, accompagnati dal medico che era stato richiesto.

Mentre l'uomo era intento a preparare l'antibiotico da somministrare, il dottore si avvicinò all'uscita della cella

 

- Non si preoccupi, ben presto lo saremo tutti...

 

Ciò che accadde subito dopo si perse nei meandri della sua memoria e tutto divenne buio.

Si risvegliò, infine, con la testa stranamente svuotata. La febbre stava lentamente scendendo e si sentiva maggiormente lucido e consapevole di ciò che lo circondava.

Fu in quel momento che vide il piatto posto ai suoi piedi e, senza riflettere minimamente su ciò che aveva di fronte, vi ci si fiondò sopra.

Non assaporò nemmeno ciò che stava ingurgitando, totalmente annebbiato dal bisogno primario di nutrirsi. Una volta finito si avventò sulla caraffa di acqua e si fermò solo nel momento in cui non rimase nemmeno una goccia.

 

"Che meraviglioso sapore..."

 

Uno dei neon era acceso e illuminava flebilmente l'interno di quello squallido tugurio.

La prima cosa che notò furono i segni dei graffi sulle pareti, gli stessi segni che portava sulla pelle.

Inconsciamente abbassò lo sguardo sulle sue mani, pur sapendo già che cosa avrebbe visto. Le dita, scorticate fino alla nuda carne, erano lì a testimoniare i giorni di pura follia durante i quali aveva urlato e pianto disperatamente, implorando per una fallace liberazione che non sarebbe mai arrivata.

Consapevole di essere intrappolato e per evitare d'impazzire, si era rifugiato nei ricordi della sua vita passata...

 

Il suo nome era Ernesto Odello e prima di quell'incubo era stato un uomo. Un uomo con una famiglia e con una promettente carriera di fronte a sè. Un rispettato cittadino che pagava le tasse e che aveva scelto di servire il suo Paese, arruolandosi in uno dei corpi speciali più ambiti dell'esercito italiano: la brigata paracadutisti "Folgore".

 

"Vogliam morire insieme crocefissi

per riscattare tutta la viltà

se ci restasse di vita un sol minuto

noi lo vivremo per un'eternità"

 

Le parole epiche di quel canto militare, intitolato "Impeto e ardire", l'avevano accompagnato nei primi durissimi anni dell' addestramento.

Lo rendevano fiero e onorato di appartenere a quel corpo, almeno fino a quando non potè vedere con i propri occhi il coraggio e l'eroismo trasformarsi in dolore e crudeltà.

 

Durante la prima metà degli anni '90 partecipò ad alcune operazioni in diverse aree "calde", fra le quali la Somalia e il Ruanda.

Fu in quei luoghi che potè conoscere l'unica ed autentica realtà della guerra: non vi era nulla di eroico ed onorevole nell'uccidere un altro essere umano.

Le medaglie, le onoreficenze, gli elogi dei superiori... Tutto apparve improvvisamente privo di significato.

Le sue mani si macchiarono del sangue di sconosciuti che abitavano lontani migliaia di chilometri dalla sua patria, persone con una famiglia e un lavoro. Uomini e donne appartenenti ad altre culture, colpevoli unicamente di dover combattere per una guerra della quale non comprendevano il senso.

Furono anni durante i quali i suoi ideali minacciarono di crollare come un castello di sabbia di fronte alla furia devastatrice della marea, anni in cui arrivò diverse volte a pensare al suicidio.

Scelse, infine, di congedarsi nella speranza di poter dimenticare tutto quel sangue e quella violenza che ogni notte popolavano il suo sonno di orribili incubi all'apparenza senza fine.

Il destino, tuttavia, scelse diversamente per lui.

 

Una settimana prima del suo rientro in Italia, la sua compagnia cadde in un'imboscata nei pressi del mercato centrale di Mogadiscio.

Ernesto vide i corpi dei suoi commilitoni straziati dall'esplosione che coinvolse l'intera area. Mai avrebbe dimenticato le raccappriccianti urla di dolore e orrore causate dalle mine artigianali dei guerriglieri.

Braccia e gambe giacevano smembrate in un lago di sangue, accompagnate dai lamenti e dalle lacrime di coloro con i quali aveva dormito, mangiato e scherzato fino a poche ore prima.

 

- Mamma, mamma, non voglio morire!!

 

Provò a guardarsi intorno, ma la polvere e il fumo gli oscuravano la vista creando un ammasso confuso di indistinte forme intorno a sè. Le orecchie gli ronzavano ed un sibilo acuto penetrò nel suo cranio, mentre strisciando cercava disperatamente di raggiungere la fonte di quel supplizio.

 

- Marco, Marco sei tu?? Resisti, cerca di non mollare! Sono qui, ascolta la mia voce...

 

Il rumore degli spari lo interruppe, distorcendo le sue parole. Seguì un ammasso di voce confuse e lui riconobbe l'inequivocabile lingua della capitale somala.

Fu in quel momento che comprese di essere giunto alla fine dei suoi giorni, poichè ben conosceva il modus operandi dei guerriglieri.

 

Torture.

Amputazioni.

Umiliazioni.

 

Questo è ciò che il destino gli avrebbe riservato qualora lo avessero catturato.

Ripensò ai suoi compagni morti immediatamente dopo quell'esplosione e a tutti gli altri moribondi che venivano liberati da ogni sofferenza con un semplice proiettile in fronte.

 

"Perchè sono ancora vivo? Maledizione dov'è la mia pistola??

 

Non si sarebbe mai lasciato catturare vivo.

Mai avrebbe permesso ai suoi carcerieri di prendersi gioco del corpo e dello spirito, distruggendo la sua persona e annientando completamente la sua umanità fino a renderlo il patetico fantoccio di sè stesso. Solo allora, forse, lo avrebbero sgozzato per poi buttare il suo cadavere in una fossa, fino a quando vermi e parassiti non fossero giunti a banchettare con i suoi resti.

 

Finalmente riuscì a trovarla, sganciandola dalla fondina alla quale era miracolasamente rimasta attaccata. Estraendola se la puntò alla testa

 

"Ci siamo. Un colpo e tutto sarà finito..."

 

Sospirò con forza mentre toglieva la sicura.

Un rivolo di sudore freddo scivolò dalla fronte sulla mano, mischiandosi al sudore e al sangue. Rimase per qualche istante fermo, paralizzato dall'indecisione e dal terrore di ciò che stava per fare, mentre la mano tremava senza tregua

 

"Che cazzo stai aspettando, maledetto codardo??"

 

Nel frattempo gli spari e le urla proseguivano, facendosi sempre più vicini alla sua posizione

 

"Gesù perchè non premi il fottuto grilletto?!

Se non lo fai ti prenderanno e non passerà secondo in cui non ti pentirai di non averlo fatto!"

 

Chiuse gli occhi e non vide l'ombra che tutto d'un tratto gli si era posta davanti.

Il duro calcio del fucile lo colpì alla tempia, facendolo piombare nell' oscurità...

 

Si risvegliò in uno squallido tugurio che puzzava di merda e piscio.

La testa pulsava violentemente ma, nonostante ciò, non ebbe nemmeno bisogno di guardarsi intorno. Anzi, a dirla tutta, non gliene importava un cazzo.

 

Durante l'addestramento gli erano state insegnate poche, ma significative, regole nel caso fossero finiti in una situazione del genere

 

- Cadetti, mettetevi subito in testa un fattore fondamentale: vi pentirete di non essere morti in battaglia

 

Una serie di risatine nervose si erano alzate fra i suoi compagni, ma il sergente aveva proseguito ignorandole completamente

 

- Nel caso Dio avesse deliberatamente scelto di voltarvi le spalle, dovrete ricordarvi che proverete dolore.Un dolore che probabilmente non avete mai vissuto in vita vostra...

 

Un raggelante silenzio scese all'interno della base militare, eliminando ogni tentativo di alleggerire la tensione con l'ironia

 

- Nonostante ciò siete soldati d'elitè e nessuno di voi dovrà mai rivelare informazioni cruciali che possano favorire il nemico. La sicurezza dei vostri compagni verrebbe facilmente messa a repentaglio nel caso voi decideste di spifferare la posizione dei convogli e delle truppe sul campo, oltre ai vari piani preparati per le operazioni militari.

Vi tortureranno e la vostra unica speranza è che si stanchino di voi il prima possibile.

Il sacrificio è uno dei dogmi che dovrete seguire fino alla fine...

 

La cella si aprì, interrompendo il corso di quei pensieri che presto sarebbero stati sostituiti da un universo di agonia e disperazione.

Alzò lo sguardo pronto ad affrontare le conseguenze del cammino che aveva scelto d'intraprendere

 

- Ehi, qui c'è n'è uno vivo!!

 

Lo stupore travolse il suo cervello come un fiume in piena.

Un uomo, il cui volto era nascosto da un paio di occhiali tattici militari, si inginocchiò di fronte a lui e lo scosse lentamente

 

- Soldato, soldato, mi senti?

 

Ernesto cercò di rispondere, ma la sua bocca era totalmente priva di salivazione

 

- Tu... Tu... Sei... Un angelo...?

 

Inaspettatamente lui sorrise

 

- Ma quale angelo! Dovresti sapere che non esistono queste scemenze.

 

- Che cos...?

 

- Ora stai calmo e non pensare a niente. Siamo venuti a salvarti. Ce la fai ad alzarti?

 

- Io... Io credo di sì...

 

Lentamente tentò di sollevarsi da terra ma, tuttavia, le gambe sembravano non riuscire a sorreggerlo.

 

- Sei debilitato, lascia fare a me...

 

Pochi minuti dopo altri due soldati arrivarono con una barella e lo coricarono sopra.

Si incamminarono in una sorta di cunicolo scavato nella roccia ed Ernesto comprese di trovarsi all'interno di una caverna. Seguirono una serie di strettoie, dove in alcuni punti potè notare dei guerriglieri stesi a terra.

 

- Come avete fatto... Trovarmi?

 

Infine, uscirono all'aperto e la luce tenue della luna lo accolse in tutta la sua meravigliosa presenza. Il rombo di un elicottero risuonava poco distante in uno spiazzo nel quale erano radunati una decina di militari.

Dopo averlo caricato a bordo, l'uomo che per primo l'aveva soccorso gli si avvicinò

 

- Siamo stati informati dell'imboscata in cui tu e la tua squadra siete finiti. I nostri comandanti hanno subito organizzato un'operazione di recupero che si è conclusa in poco più di 24 ore. Ringrazia il tuo gps che ci ha permesso di trovarti...

 

- Non... Non ci sono altri sopravvissuti?

 

- Nessuno... Mi dispiace.

 

Ernesto chiuse gli occhi.

 

- Queste esperienze ti segneranno per il resto dei tuoi giorni, ma quello che conta è che ce l'hai fatta: sei un sopravvissuto. Ora tornerai alla tua vita e alla tua casa. Ritornerai a vivere.

 

Lacrime di commozione lo accompagnarono lungo tutto il viaggio di ritorno, eternamente grato a quello sconosciuto per averlo salvato.

Successivamente rimase in un ospedale militare per una settimana, fino a quando venne il giorno fatidico del ritorno in patria.

Quando vide sua moglie e il figlio appena diciottenne corrergli incontro all'uscita dell'aereoporto, si sentì nuovamente vivo.

 

Fu così che passarono alcuni anni durante i quali ogni cosa cambiò.

I ricordi di ciò che aveva vissuto sul campo di battaglia non lo abbandonarono più, costellando le sue notti di incubi che arrivarono a minare violentemente la sua stabilità mentale. I flashback dell'esplosione e dei suoi compagni agonizzanti e smembrati si ripetevano nella sua mente con una continuità allarmante.

Impiegò innumerevoli mesi a riabituarsi alla vita da civile, nonostante l'aiuto e il supporto dei molteplici psicologi e psichiatri cui si era rivolto.

 

- Signor Odello quello che sta vivendo è assolutamente normale. Il disturbo da stress post-traumatico affligge la maggior parte degli uomini che, come lei, hanno partecipato ad azioni militari.

Con il tempo gli incubi si affievoliranno, non si preoccupi. Ecco prenda questi, la aiuteranno in questo duro percorso che dovrà affrontare...

 

Maledetti strizzacervelli e maledetti i loro psicofarmaci del cazzo.

 

Fu così che una sera, seduto a tavola con la sua famiglia, iniziò quel lento processo che ben presto lo avrebbe portato in un baratro ancor più oscuro.

 

- Fanculo, non ne posso più di questa merda!!

 

Aveva scaraventato il bicchiere e la scatola di medicinali per terra, mentre la moglie Jessica cercava di tranquilizzarlo

 

- Tesoro, va tutto bene... Rilassati...

 

- Come cazzo faccio a rilassarmi, spiegamelo tu! Questa robaccia non serve a niente!

 

- Non è vero e tu lo sai. Devi continuare a prenderli secondo il dosaggio che ti è stato prescritto...

 

La rabbia, infine, esplose senza ritegno

 

- Perchè non li prendi tu allora?? Magari così la finiresti di sparare cazzate in continuazione!!

 

La moglie rimase spiazzata, mentre il figlio Moreno osservava terrorizzato un padre che non aveva mai visto in quello stato

 

- Io... Io... Oddio... Perdonatemi...

 

Ernesto scoppiò a piangere, cadendo in ginocchio in mezzo ai cocci di vetri.

 

- Non riesco più ad andare avanti così... Gli incubi ed i ricordi mi ossessionano ormai notte e giorno! Vedo i volti dei miei compagni e delle persone che sono stato costretto ad uccidere per salvare la mia miserabile vita...

Non ce la faccio più, voglio morire...!

 

Jessica si avvicinò lentamente al marito, stringendolo forte a sè

 

- Lo so amore mio, lo so... Ce la faremo insieme, te lo prometto...

 

Eppure non fu così.

 

Gli episodi di squilibrio andarono gradualmente ad aumentare, scoppiando infine in veri e propri atti di violenza.

A ciò si aggiunse il fatto che quell'uomo, ormai completamente distrutto dal passato e dalle sue colpe, non riuscì più a vivere all'interno della società. Perse diversi lavori, finendo inevitabilmente disoccupato e senza la possibilità di garantire un futuro alla sua famiglia.

Scelse di rifugiarsi nell'alcool e nelle droghe, alla disperata ricerca di una via di fuga da quel calvario infinito. Per contro, l'unica cosa che ottenne fu la perdita dei suoi cari.

Ben presto, rimasto solo e senza denaro, l'unica alternativa divenne la strada.

 

"Sono un invisibile"

 

Lo stesso dottore l'aveva definito con quel termine, subito dopo avergli spiegato com'era stato prelevato da quello straccio di angolo di strada che da più di un anno era diventato la sua casa.

Quel nuovo luogo divenne l'inizio di un altro incubo e le atrocità al quale era stato sottoposto lo portarono sull'orlo della follia totale.

 

"Sto pagando ciò che già avrei dovuto vivere allora... Quell'angelo questa volta non tornerà..."

 

La cella si aprì per l'ennesima volta e lui comprese che non sarebbe riuscito ad andare avanti ancora una volta. Voleva solo morire e porre termine a quell' esistenza inutile e priva di significato.

Non oppose resistenza mentre lo trascinavano in una strana stanza diversa da tutte le altre in cui era stato.

Venne messo in ginocchio e legato con robuste catene, totalmente incapace di provare alcun emozione o sentimento. Non sentì neppure i freddi aghi che gli vennero infilati nelle vene, così estraniato dal contesto al punto da non notare la macchina alle sue spalle al quale erano collegati.

Poco dopo una voce risuonò nell'aria.

 

- Diamo inizio al test di oggi. Fate entrare i soggetti

 

Un paio di uomini entrarono nella stanza trascinando due figure e il cuore di Ernesto si fermò per un attimo, cristallizzando il tempo in un secondo che a lui apparve infinito.

 

- Dio mio, non ci posso credere...

 

Di fronte a lui vi erano la moglie e il figlio. I loro occhi terrorizzati vagavano lungo tutta l'ampiezza della stanza, spaesati da quel luogo che non avevano mai visto prima.

Entrambi erano vestiti con abiti sudici e i loro corpi apparivano deperiti.

Jessica fu la prima a rendersi conto di colui che avevano di fronte

 

- Ernesto...?

 

L'uomo non riuscì a rispondere, interamente assorto da quella splendida presenza

 

- Ernesto, Gesù santo sei tu! Che sta succedendo?? Chi sono queste persone e cos'è questo posto?!

 

- Io... Io...

 

La sua mente, completamente sotto shock, non riuscì ad esprimere alcun concetto.

Cosa stava succedendo? Perchè LORO erano lì?

 

La voce del dottore parlò nuovamente

 

- Procedete

 

Prima che qualcuno di loro potesse anche solo rendersene conto, i due uomini eseguirono un'iniezione nel collo delle cavie.

Poi, così com'erano entrati, se ne andarono lasciandoli soli.

 

- Ernesto, Ernesto cosa ci hanno fat...??

 

La donna non riuscì nemmeno a terminare la frase. Cadde in ginocchio in preda a dolori lancinanti, urlando a squarciagola e contorcendosi fra gli spasmi

 

- Mamma che hai?? Mamma rispondi!!

 

Jessica continuò a dimenarsi assumendo posizioni innaturali, mentre il secco rumore di ossa in frantumi si univa alle grida disperate in una mostruosa sinfonia di strazio e disperazione.

Il figlio, quindi, si voltò verso il padre e lo guardò dritto negli occhi con un'espressione indecifrabile. Il sangue iniziò a colare da ogni orifizio, fino a quando il suo volto non divenne altro che una maschera di sangue.

 

- Papà cosa mi sta succedendo??

 

La pelle del giovane prese a sciogliersi, mostrando la nuda carne rosea. I suoi tessuti caddero in terra staccandosi dal corpo come pezzi di plastica fusi.

 

- Papà aiutami!!!!! Fa male, fa male, fermalo ti prego!!

 

L'odore nauseabondo dei fluidi corporei si diffuse in tutta la stanza, mentre il ragazzo crollava sul pavimento in una spaventosa figura dai contorni amorfi.

 

Fu in quel momento che accadde qualcosa d'incredibile.

 

L'uomo, impotente di fronte alla fine della sua famiglia, aprì la bocca e iniziò a tremare violentemente. Da essa ne emerse un liquido nero dalla consistenza vischiosa, inondando i vestiti come una cascata in piena.

L'iride dei suoi occhi scomparve lasciando spazio a vuote cavità oscure, mentre osceni rigonfiamenti scuri scoppiarono come bolle al sole lungo tutta la superficie del suo corpo...

 

Dall'altra parte della stanza il dottore assisteva attonito alla scena. Lo scienziato accanto a lui, pallido come un cadavere, osservava con aria febbrile il monitor del computer.

 

- Il soggetto sta rilasciando una quantità spropositata di Necrolio e sembra non volersi fermare!

 

Ci fu un attimo di silenzio, interrotto solo dal rumore dei macchinari intorno a loro

 

- Aspetti, i valori vitali sono completamente fuori scala rispetto a ciò che abbiamo visto fino ad ora. Sta succedendo qualcosa...

 

Il dottore non rispose, completamente assorto da quella raccapricciante visione infernale.

 

- Cristo, sta mutando...

Estratto 05

(SERIE 1)

8473571262_e61e3af0ee_o.jpg
bottom of page