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Estratto 05

(SERIE 1)

"I cartoni animati mi sono sempre piaciuti.

Bugs Bunny, Gatto Silvestro, Duffy Duck ma non solo. Anche l'Uomo Ragno, i Fantastici Quattro e Batman sono belli.

I cattivi, invece, quelli no. Loro sono brutti e fanno del male alle persone, persone che vogliono solo essere felici e giocare. Tutti giochiamo, anche i grandi lo fanno a volte. Sono giochi strani che non capisco, ma so che sono contenti perchè ridono tanto.

Sì, è vero... A volte sono molto seri, quasi arrabbiati per cose dai nomi strani e difficili da dire. Alcune volte ho sentito mamma e papà parlarne, quando pensano che io sto già dormendo. Le loro voci sembrano più alte e non mi piacciono. Parlano di bollette (che nome brutto), sfr... Sfratto (la maestra non ha mai detto questa parola in classe), debiti...

Quando fanno così, chiudo gli occhi e mi tappo le orecchie.

Non voglio sentire, non voglio sentire...

Perchè i grandi sono sempre così tristi?"

 

Il piccolo Riccardo di appena sette anni guardava la televisione, seduto a gambe incrociate sul suo letto con la coperta di Buzz Lightyear.

I suoi occhi, illuminati dalla splendida purezza di quegli anni radiosi, osservavano le vivide immagini che si alternavano sullo schermo in un turbinio di incontrollabili emozioni per il suo spirito fanciullesco.

 

- Brutti cattivi, non vincerete! L'Uomo Ragno vi fermerà!

 

Il bambino era ormai abituato da diversi mesi a trascorrere le sere da solo.

A causa di una grave crisi finanziaria interna dovuta ad alcuni investimenti sbagliati, entrambi i genitori si erano trovati costretti ad incrementare notevolmente il loro orario lavorativo. Straordinari notturni, i fine settimana e le principali festività erano state le prime ad essere intaccate, portandoli a passare la maggior parte del tempo fuori casa.

Tuttavia, nonostante il loro impegno e la fatica, i soldi erano tirati al punto da non poterli permettere nemmeno di pagare una babysitter.

I nonni, anziani e malati, abitavano lontano e da molti anni non avevano più avuto la gioia di occuparsi del nipotino.

 

- Riky ascolta... Mamma e papà devono lavorare tanto, quindi dovrai passare un po' di ore da solo... Ricordati di non aprire mai a nessuno e, nel caso avessi bisogno di noi, puoi usare il telefono di casa per chiamarci...

 

Il piccolo li aveva guardati con gli occhi colmi d'interrogativi. Non capiva il perchè non potessero stare insieme, come facevano fino a poco tempo prima quando la mamma gli leggeva il libro delle favole Disney, o come quando giocavano tutti e tre insieme nel parchetto giochi dietro la loro abitazione.

 

- Ma... Ma voi lavorate già così tanto...

 

Suo padre aveva sospirato tristemente sentendo quelle parole, mentre la mamma gli si era avvicinata.

Il tenero tocco della carezza materna aveva sfiorato il suo viso sano e paffutello, mentre lei sussurrava al suo orecchio frasi cariche di dolcezza

 

- Tesoro mio... Ti prometto che torneremo presto e che domani ti porteremo a vedere quel cartone che volevi tanto vedere... Che ne pensi?

 

Il suo volto stanco, ma allo stesso tempo così pieno di amore, lo aveva ristorato e riacceso la gioia infantile di un bambino che non desiderava altro che passare il suo tempo con i genitori.

 

- Sì mamma, che bello! Ti voglio tanto bene!

 

Le era saltata al collo, abbracciandola con le sue piccole braccia e facendola commuovere.

Il padre aveva osservato la scena senza dire una parola, consapevole del fatto che sua moglie non avrebbe mai potuto mantenere quella promessa...

 

Innumerevoli giorni e notti erano passate, seguite da continue scuse che, persino un bimbo come lui, aveva ormai imparato a riconoscere come fallaci bugie.

Tuttavia, con il passare del tempo, era arrivato ad abituarsi alla lunga assenza dei genitori. Ormai riusciva a vederli solamente poche ore durante la giornata ed, inoltre, unicamente in alternanza fra loro.

Inconsciamente, di conseguenza, aveva sopperito alla mancanza della presenza famigliare sostituendola con quella degli eroi che tanto adorava.

Nei cartoni animati il bene vinceva sempre e alla fine tutti erano felici, poichè riuscivano a riunirsi con i loro cari nonostante i problemi che avevano dovuto affrontare. Era questo uno dei motivi per cui gli piaceva guardarli, seduto di fronte allo schermo per tutte quelle ore che a lui apparivano più preziose di ogni altra cosa.

 

Quella sera, però, accadde qualcosa di completamente inaspettato. La porta della sua camera si spalancò improvvisamente e suo padre apparve sulla soglia.

Riccardo rimase per un attimo immobile, incredulo di fronte a quell'improvvisa e piacevole sorpresa. Si alzò in piedi e, dopo aver felicemente saltato un paio di volte sul letto, balzò giù e gli corse incontro.

 

- Papà, papà! Sei tornato, sei tornato!! Avete mantenuto la promessa!

 

Il bambino saltellava di fronte al padre, totalmente euforico al punto da non aver notato il suo viso sporco e segnato dall'agitazione

 

- Papà... Che c'è...?

 

L'uomo cadde in ginocchio e lo abbracciò con forza.

 

- Amore mio, stai bene! Oddio, ero così preoccupato...

 

Riccardo non riusciva a comprendere quelle parole, confuso e spiazzato da quell'atteggiamento inspiegabile.

 

- Papà, mi stai stringendo troppo forte! Mi fai male!!

Il genitore lo lasciò subito e, dopo essersi rialzato di scatto, iniziò ad aprire tutti i cassetti rovesciando numerosi vestiti del figlio sul letto.

I suoi occhi guizzavano da tutte le parti come impazziti, divorati da una sorta di follia incontrollabile.

Riccardo, vedendolo in quello stato paranoico e delirante, scoppiò a piangere

 

- Mi stai facendo paura papà... Per favore, fermati!

 

L'uomo sembrò riacquistare per un breve attimo la lucidità e tornò a concentrarsi sul piccolo

 

- Riky, scusami, scusami tanto! Lo so che papà è molto agitato, ma non abbiamo molto tempo.

Prendi il tuo zainetto e mettici dentro quanti più vestiti riesci a farci stare! Io, nel frattempo, vado a prendere quello che c'è in frigo.

Ci servirà più roba possibile, più roba possibile...

 

La domanda del figlio giunse come un fulmine a ciel sereno

 

- Papà... Dov'è la mamma...?

 

Lui si bloccò tutto d'un tratto, mentre sul suo volto si susseguivano una serie di emozioni contrastanti l'una dopo l'altra.

Cercò di balbettare una risposta plausibile, ma in realtà era consapevole di non averne nessuna che potesse giustificare la sua assenza.

 

- La mamma... La mamma è ancora al lavoro...

 

Riccardo assunse un'espressione rabbiosa ed il suo viso divenne rosso, il che sarebbe potuto apparire persino comico se non fosse stato per quell'inquietante situazione.

 

- Stai dicendo una bugia...

 

- No, Riky non è vero...

 

- STAI DICENDO UNA BUGIA PAPA'! VOGLIO LA MAMMA, ADESSO!!

 

La voce, distorta dall'acuto strillo del bambino, risuonò violentemente nella stanza. Ben presto iniziò a singhiozzare di fronte al padre che, nonostante avesse i nervi a fior di pelle, cercò di tranquillizzarlo.

 

"Non abbiamo tempo, cazzo! Non abbiamo tempo!!"

 

L'uomo trasse un profondo respiro e si sforzò di modulare il tono, rivolgendo al figlio un sorriso il più credibile possibile

 

- Tesoro, la mamma ci raggiungerà presto, ma noi adesso dobbiamo andare...

 

- Me lo prometti...?

 

Per la seconda volta il piccolo era riuscito a metterlo con le spalle al muro.

Lacrime di frustrazione ed impotenza minacciarono di sopraffarlo, obbligandolo a lottare strenuamente per controllarsi. Si sentì uno schifo, sia come uomo che come padre, mentre per l'ennesima volta mentiva a colui che più di ogni altra cosa amava in quel fottuto mondo.

 

- Sì... Sì te lo prometto...

 

Dopo aver racimolato l'occorrente, i due si precipitarono fuori dall'appartamento e si diressero verso l'automobile.

Il padre aprì velocemente il cofano posteriore e vi posò il loro bagaglio improvvisato, per poi affrettarsi a sistemarsi al volante

 

- Legati bene la cintura Riky!

 

- Papà ma cosa succede?

Fu in quel momento che videro sfrecciare a tutta velocità alcune volanti dei carabinieri, seguite da un paio di ambulanze. Le sirene sconvolsero il silenzio della quiete notturna, assordandoli e costingendo il bambino a coprirsi le orecchie, nel vano tentativo di annullare quel penetrante suono.

 

- Falli smettere, falli smettere!!

 

Il genitore fece retromarcia e, dopo aver percorso il breve vialetto della loro abitazione, si avviò lungo la strada. Percorsero diversi chilometri nel più assoluto silenzio, mentre Riccardo guardava il paesaggio fuori dal finestrino.

 

Cosa stava succedendo?

Perchè il papà era così agitato e la mamma non era con loro?

Dove stavano andando?

 

Una moltitudine di domande attraversò la mente di quell'innocente creatura, ancora inconsapevole ed impreparata ad affrontare le difficoltà e la crudeltà del mondo.

Non comprendeva niente di ciò che lo circondava, non comprendeva quella fretta e quel bisogno di correre verso chissà dove. Improvvisamente era stato strappato dal suo mondo fatato di cartoni animati e giocattoli, per poi essere scaraventato all'interno di quello dei grandi.

Il mondo dei grandi... Nemmeno quello gli era mai piaciuto...

 

Tutto d'un tratto suo padre inchiodò e il piccolo si sentì sbatacchiare con un forte colpo in avanti.

Una fila di macchine si estendeva per una lunghezza che ai suoi occhi apparve come infinita. Una moltitudine di clacson ed urla risuonavano nell'aria, come un'orchestra infelicemente stonato.

 

- Papi... Perchè c'è così tanta gente tutta qui?

 

L'uomo colpì con una manata il volante ed imprecò, mentre gocce di sudore iniziavano ad inumidirgli il viso sconvolto e logorato dalla stanchezza

 

- Riky... Ti prego, smettila per un attimo di farmi domande! Per favore, fallo per papà...

 

Il piccolo decise di ammutolirsi, lasciando il genitori libero di concentrarsi sui problemi dei grandi. Lui rimase ancora qualche minuto fermo dietro la coda di veicoli, mettendosi ripetutamente le mani nei capelli e guardandosi continuamente intorno con occhi colmi di terrore.

Infine, fece la sua scelta: dopo aver fatto inversione, indirizzò la vettura verso la strada dal quale erano venuti e si rimisero in marcia.

 

Durante il tragitto il padre sembrò riacquistare il controllo di sè stesso e, voltandosi leggermente verso il figlio, si rivolse a lui per attirare la sua attenzione

 

- Riky... Ehi Riky?

 

- Sì papà?

 

- Tesoro, adesso mi devi promettere che farai il bravo e che ascolterai quello che papà sta per dirti, va bene?

 

Il bambino annuì con enfasi ed attese che lui proseguisse

 

- Bravo piccolo, bravissimo... Allora, lo so che per te sarà difficile da capire, ma ti chiedo di fare un piccolo sforzo... Come quando sei a scuola e ti devi concentrare ancor di più su un esercizio difficile...

 

Sospirò brevemente, cercando dentro di sè la forza necessaria per superare quello che li attendeva

 

- In giro... Cioè noi... Stiamo scapp... Andando via da casa nostra, perchè sono apparsi dei... Dei mostri...

 

Il volto di Riccardo si illuminò non appena sentì quella parola

 

- Mostri? Come quelli nei cartoni animati?

 

- No Riky, non quei mostri...

 

L'umore del bambino sembrò migliorare tutto d'un tratto, mentre la sua mente infantile gioiva per l'incredibile notizia

 

- Voglio vederli papà, voglio vederli!!

 

- Riky, non possiamo... Ci faranno del male come hanno fatto alla mam...

 

Fortunatamente la sua frase venne interrotta nuovamente dall'incontenibile entusiasmo del figlio

 

- Papà non devi aver paura dei mostri. Gli eroi buoni arriveranno a salvarci e tutti saremo felici!

 

- Tesoro, non verrà nessun eroe...

 

- Ma... Ma... L'Uomo Ragno, Batman e...

 

Il genitore lo guardò con lo sguardo lucido e velato da una profonda tristezza

 

- Non arriverà l'Uomo Ragno e nemmeno Batman... Non arriverà nessun eroe...

 

Non avrebbe mai saputo quanto tempo fosse trascorso da quelle fatidiche parole, poichè quel viaggio verso l'ignoto fece perder loro la cognizione delle ore.

Videro macchine rovesciate ed in fiamme, gente fuggire in strada verso un'utopica salvezza, caos, spari, urla e ancora caos...

Il piccolo Riccardo guardava fuori dal finestrino con gli occhi imbambolati, incapace di comprendere la violenza dell'uomo e il male del mondo, concetti così lontani dalla spensierata ingenuità vissuta fino ad allora.

 

- Dobbiamo lasciare la città, dobbiamo lasciare la città... Cazzo, dove vado?!

 

Suo padre aveva ricominciato a sprofondare lentamente verso l'esaurimento, completamente solo in quella battaglia per la sopravvivenza di tutto ciò che gli era rimasto.

Non avrebbe mai permesso a quelle schifose creature, qualunque cosa esse fossero, di far del male al suo bambino. Nè ora nè mai...

 

Fu proprio mentre cercava, in tutti i modi, di cercare una via d'uscita da quella spaventosa follia, che li vide apparire.

I fari dell'auto illuminarono le mostruose figure, materializzatesi improvvisamente dal buio della notte. Un viscido liquido nero le ricopriva completamente, colando copiosamente e deformandole in un disgustoso ammasso tumorale organico. Urla e strilli agghiaccianti squarciarono il cielo notturno e l'uomo dovette sterzare con un brusco scatto, in modo da evitare il violento frontale che sarebbe risultato fatale.

 

- O Cristo santo!

 

Riccardo nemmeno sentì le parole del padre. Ogni cosa iniziò a muoversi a rallentatore, sfumando i propri contorni in un connubio di elementi dai contorni onirici.

Mentre le ruote perdevano l'attrito sull'asfalto e il veicolo finiva fuori strada, il bambino si sentì sollevare da terra e credette di volare. Aveva sempre sognato di farlo, finalmente libero grazie al superpotere bramato da ogni uomo fin dall'inizio dei tempi.

Tuttavia, quel breve momento di gloria si trasformò ben presto in orribile realtà.

L'impatto contro il piccolo muretto fu devastante e lui si sentì catapultare in avanti ma, nonostante ciò, la cintura di sicurezza riuscì ad attutire il colpo.

Il piccolo, stordito dalla violenta collisione, vide la figura offuscata del padre scendere dal veicolo. L'uomo barcollava vistosamente e, mentre apriva la portiera posteriore, Riccardo potè notare un vistoso taglio sulla sua fronte dal quale grondava un'ingente quantità di sangue.

 

- Riky! Stai bene?!

 

Il bambino annuì lievemente e l'espressione del genitore si distese per un istante. Armeggiò velocemente con la cintura e, dopo averlo preso in braccio, lo aiutò a scendere dal veicolo ormai distrutto.

 

- Ce la fai a correre?

 

Nel frattempo le creature si stavano avvicinando pericolosamente, percorrendo i pochi metri che li distanziavano dalle loro vittime

 

- Papà... Mi fa male la gamba...

 

L'uomo non ci pensò due volte e lo sollevò da terra

 

- Tieniti stret...

 

Un forte bruciore pervase Riccardo, mutando poco dopo in un acuto dolore alla spalla sinistra.

Abbassò lo sguardo verso la fonte di quel male e rimase sconvolto alla vista di ciò che gli era appena capitato.

 

Un tentacolo nero gliel'aveva trapassata da parte a parte, recidendo il muscolo e sventrando la sua morbida carne.

Inaspettatamente non urlò e strinse i denti, totalmente in contrasto con ciò che avrebbe fatto un bambino della sua età

 

- Papà...

 

Un fiotto di sangue uscì dalla bocca del genitore e colpì sul viso Riccardo. Il fluido organico lo disgustò con il suo sapore ferroso, provocandogli un forte conato di vomito.

L'uomo lo guardò con gli occhi sbarrati e, senza emettere alcuna parola, cadde in ginocchio sul terreno fangoso ai loro piedi.

Fu in quel momento che il bambino potè vedere lo stesso tentacolo che gli aveva trapassato la spalla, sbucare prepotentemente dal petto del padre.

Il piccolo rimase impietrito fra le sue braccia ancora strette intorno a lui, inconsapevole che ormai l'uomo avesse smesso di respirare.

 

- Papà, papà! Perchè non ti muovi, papà?!

 

Infine, la presa si allentò e lui riuscì a divincolarsi, estraendo l'abominevole arto oscuro dalla sua carne. La ferita alla spalla pulsava furiosamente, ma lui continuò a trattenere le lacrime nonostante l'acuto dolore

 

"Gli eroi non piangono. Gli eroi sono forti!"

 

Si sentiva la testa annebbiata e, mentre cercava di rialzarsi in piedi, vide l'imponente mostruosità stagliarsi di fronte a lui.

In quel momento, tuttavia, non provò paura. Rimase affascinato ad ammirarla, consapevole di trovarsi di fronte ad un cattivo che non aveva mai visto nei suoi cartoni preferiti.

L'essere lo guardò, muovendo a scatti ciò che poteva vagamente ricordare una bocca. Sembrò studiarlo, analizzando i suoi comportamenti e le sue emozioni.

Improvvisamente un buco nero si aprì sotto i piedi di Riccardo e lui vi sprofondò al suo interno, ancor prima di potersene rendere conto...

 

Il buio più oscuro lo circondò completamente, trascinandolo con sè verso l'ignoto.

Un angosciante senso di oppressione lo attanagliò, facendogli vivere una sensazione mai provata prima nel corso della sua breve esistenza.

 

"Papà, mamma... Ho paura...

Perchè è tutto buio?

Fa freddo, tanto freddo...

Mamma fa male, fa male, fa male...!"

 

Suo padre aveva avuto ragione: nessun eroe sarebbe mai arrivato a salvarli.

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