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- Vado?

 

- No. Aspetta ancora un momento.

 

Lui poté sentire solo pochi bisbigli del dialogo fra i due sconosciuti.

Il buio soffocante, appena filtrato da strane sagome concepite dalla sua mente per dare un senso a quel vuoto, continuava ad assalirlo man mano che i suoi sensi riacquistavano lucidità.

Non appena cercò di muoversi, si accorse di essere legato alla sedia. Provò dunque a guardarsi intorno, nel vano tentativo di scorgere anche un solo ed unico indizio che gli indicasse quanto fossero grandi i guai in cui si trovava.

 

Niente.

Oltre a quel fitto e penetrante buio, c'era solo l'acre odore di muffa che lentamente stava andando a posarsi su di lui. Più cercava di assumere il controllo di quella situazione, più il suo cervello andava a sbattere fra le pareti del cranio, indebolendosi di conseguenza.

 

Provò a gridare, ma anche quello risultò inutile.

 

I suoi pensieri cominciarono a vacillare su quanto fosse realmente necessario attendere che succedesse qualcosa, intanto che i sensi di colpa si arrampicavano lungo la sua schiena, formandogli un macigno che non avrebbe mai dimenticato.

 

- Ora!

 

Un pulsante venne premuto e l'interno della stanza venne improvvisamente illuminato da due fari da grotta.

L'uomo venne colto alla sprovvista e rimase chino verso il tavolo davanti a lui, in attesa che gli occhi si abituassero a quella luce.

Gli sembrò per un attimo di perdere la vista, straziandosi per il dolore che provarono i suoi occhi.

 

- Dove sono?! Aiuto! Qualcuno mi aiuti!

 

Quel che prima concepì come l'immagine del limbo perfetto, mutò all'istante nell'accecante sfumatura di un sole a pochi centimetri da lui.

Quando lo sventurato poté di nuovo contare sulla vista, fu raccapricciante quello che i suoi occhi dovettero vedere per primi.

Rialzando il capo scoprì che il banco, sul quale aveva giaciuto poco prima, era cosparso dai peggiori orrori che mente umana avesse mai potuto concepire. Fascicoli e documentazione scientifica venivano alternati da istantanee di pura crudeltà terrestre.

Decine e decine di corpi mutilati e vittime delle peggiori eresie, contro ogni etica, si presentarono a lui con le fattezze di un gruppo di anime urlanti, che imploravano pietà e compassione.

Fra loro qualcuno si dimostrò non essere nemmeno più in grado di piangere, privo di stimoli ed ormai arreso ad uno straziante ed ingiusto destino, tenuto in serbo solo a coloro che non poterono difendersi.

 

Chiunque fosse l'artefice di quelli operati immortalati, si dimostrò di non aver fatto alcuna distinzione sulla scelta delle cavie per quei trattamenti: uomini e donne, di qualsiasi età, si alternavano agli sguardi spaventati e confusi di bambini innocenti.

 

- Bene. Dai, entriamo...

 

Il frastornante suono di un blocco di metallo che veniva spinto, attirò l'attenzione dell'uomo nei pressi di una porta che andava lentamente ad aprirsi.

Un uomo dallo sguardo freddo e tagliato, insieme ed un giovane dai capelli a caschetto e dall'atteggiamento feroce, entrò ponendosi di fronte a colui che presto avrebbe dovuto pagare per i suoi peccati.

I tre, a malapena divisi da pochi centimetri di tavolo, rimasero fermi e in silenzio per un lungo attimo.

Infine, il più vecchio si avvicinò alla vittima e cominciò a sussurrargli da vicino

 

- La verità è che siamo stanchi. Glielo giuro: molto stanchi. Ormai chi è rimasto chiuso all'interno di queste terre è già morto. Quindi anche lei, come noi, lo accetti: nessuno supererà l'anno. Siamo intrappolati qui dentro. Conviene maggiormente a lei, che a noi, collaborare.

 

- Io... Io non... Chi siete?! Che volete da me?!

 

- Mi chiamo Armando. Il ragazzo di fronte a lei, che muore dalla voglia di parlarle, si chiama Gabriele.

 

- Io...

 

- Non c'è bisogno che si sforzi, sappiamo chi è. A dir la verità, sappiamo molte cose su di lei. E' il motivo per cui si trova qui, lo stesso per il quale rimarrà in questo sporco e fetido buco se non dirà al ragazzo quello che vuole sapere.

 

Il corpo di Gabriele ebbe un breve scatto, come intenzionato ad intervenire. Fu proprio quello il momento il cui il suo sguardo si posò per un attimo sul volto dell'uomo.

Dietro quelli occhi piangenti e tremanti, la faccia di un quarantenne sudava grondante come appena emerso da un bagno bollente.

 

Egli dimostrò subito ai due quanto il suo animo permanesse in un totale stato di shock.

Terrorizzato, completamente indifeso ed avvolto nel dubbio della paura. Infine, cosa ancor più curiosa, risultò rassegnato.

 

Allungò la mano e rivolgendosi all'interrogato, indicò le fotografie sul tavolo.

 

- Voglio sapere chi sono queste persone. Voglio sapere se le conosce e voglio sapere chi le ha ridotte così...

 

L'uomo esitò per un attimo. Vaneggiò qualcosa sospirandolo, come impegnato in un ragionamento fra sè e sè.

Poi rispose

 

- Io... Io non ho niente da dire.

 

Il tono utilizzato fu quello di una resa, eppure a quello più grande dei due non bastò.

Prima ancora che il giovane potesse aspettarselo, Armando scagliò un destro violento sul viso del prigioniero

 

- Le ho già detto che siamo stanchi. Non me lo faccia ripetere ancora... Risponda al ragazzo!

 

- Sarebbero dovuti venire a prendermi! Non dovrei essere qui...

 

L'uomo scoppiò in un pianto disperato.

 

- Non... Non sarebbe importato a nessuno di loro. A nessuno. Nemmeno a voi!

 

I due si scambiarono uno sguardo d'intesa, come se quelle parole li fossero venute utili a quello che stavano cercando.

Poi il giovane tornò sull'uomo

 

- Mi dica quello che voglio sapere e le giuro che la lasceremo andare. Chi sono queste persone? Voglio sapere che ne avete fatto... Cosa gli stavate facendo...

 

Alzò i toni

 

- Avanti! Mi dica cosa cazzo stavate facendo?! Dove si trova questo posto?! Cos'è il progetto Omnia?!

L'uomo venne colto da una serie di spasmi e, subito dopo, da conati di vomito. Infine, svenne

 

- E' andato.

 

- Non è un problema, lo facciamo tornare subito.

 

Armando si allontanò per un istante e si rivolse verso un angolo della stanza. Tornò, quindi, con un secchio pieno d'acqua.

 

- Adesso sai perché te l'ho fatto portare. Preparati... Svuoterà il sacco a breve.

 

Dopo averlo detto, lo svuotò sul capo del povero sventurato. Non gli fu concesso nemmeno il tempo di riprendersi del tutto, che la mano dell'aguzzino più anziano lo afferrò per i capelli, scaraventandogli il capo sul tavolo più e più volte.

Gabriele dovette trattenere diversi sobbalzi, ogni volta che quella fronte andava ad impattare con il legno.

 

I tonfi risuonarono lungo tutta l'area, rimbalzando in un macabro ritmo che sembrò mutare in un'inquietante colonna sonora.

Il ragazzo intervenne

 

- Basta così Generale.

 

L'uomo riprese a vaneggiare, ma questa volta a bassa voce

 

- Era per il bene del futuro... Per il bene nostro... Di tutti quanti... Non ci avrebbero capiti, nessuno ci avrebbe capiti...

 

- Avanti. Mi dica cosa facevate lì dentro.

 

- ...

 

- Qualsiasi cosa le abbiano promesso, non verrà mai mantenuta. L'hanno abbandonata, come hanno abbondanto anche noi.

 

Prese fiato

 

-Per motivi che in parte ignoriamo ancora, sono state erette delle mura ai confini di questo territorio. Nessuno entra e nessuno esce, siamo chiusi qui. In un modo o nell'altro, fra qualche minuto verrà rigettato in strada e lei ha visto con i suoi occhi cosa c'è la fuori... Quei mostri non avranno la nostra stessa pazienza e non le daranno una scelta. La faranno a pezzi con metodi che non ha mai nemmeno letto in un libro.

L'uomo riprese a piangere. Il giovane, incurante, continuò:

 

- Le stiamo offrendo la possibilità di darci una mano a capire da dove sono arrivati

 

Un silenzio assordante anticipò le parole dell'uomo il quale, con voce soffocata, diede sfogo sia alla stanchezza che alla resa

 

- Ho capito subito che quelli immondi erano collegati a quello che stavamo facendo. Non... Non ho idea di dove si trovino i laboratori... Ci bendavano quando venivamo trasportati sul posto... L'unica cosa che posso dire è che non si trova lontano da qui. Ogni volta il viaggio non durava molto.

 

- Laboratori? Stavate facendo degli esperimenti sulle persone?

 

- No. Non sulle persone... PER le persone. Eravamo tutti coinvolti per un fine più grande. Avremmo avuto il coraggio e la forza di fare quello che tutti vorrebbero... Ripulire casa nostra.

 

- Da chi...?

 

Intervenne Armando

- Da quelli più deboli? Da quelli più indifesi?

 

- Deboli. Non indifesi... Deboli! Voi... Voi credete davvero che chiunque là fuori abbia pagato l'umiltà e la povertà, a causa di un sistema brutto e cattivo? Stolti... Davvero, voi non avete idea di quanto degrado sia stato nutrito volontariamente dalla prigrizia e dalla sedentarietà.

 

- Lei ha da sempre vissuto in un altro mondo oppure sottovaluta la sua classe sociale

 

Gabriele riprese il controllo dell'interrogatorio

 

- Lei c'entra qualcosa con questi esperimenti? Ha mai partecipato ad uno di questi?

 

- Per l'amor del cielo, no! Non sono un sadico come gli altri! Non... Non mi è mai interessato nulla di certe cose...

 

- Quindi che ruolo ha in tutto ciò?

 

- Ero un contribuente finanziario. I miei aspetti all'interno del progetto erano unicamente di stampo economico

 

- Insomma, pagava e basta...

- Si, più o meno era così...

 

- Senta... Più ci fa perdere tempo, più le cose si complicheranno qui dentro... Non vorrà per caso farmi credere che un contabile come lei abbia semplicemente accettato di finanziare il progetto senza un ritorno? Cosa ci ha guadagnato?

 

L'uomo cominciò a mostrare una chiara difficoltà nell' esprimersi. Un misto fra imbarazzo ed incapacità di spiegare la realtà dei fatti, lo travolse al punto da farlo sprofondare in inutili e vani balbettii.

Prese un bel respiro e le uniche parole che riuscì a pronunciare furono:

 

- Io... Non potevo tirarmi indietro... Nessuno nella mia posizione avrebbe potuto...

 

Sentendo quelle affermazioni il volto di Armando si accese, come risvegliato da uno stato comatoso. Qualcosa nella sua mente si era appena attivato.

Camminò verso la porta ed invitò il giovane a seguirlo.

Quando l'ingresso venne nuovamente sigillato, l'uomo si rivolse subito a Gabriele:

 

- Tu hai capito, vero?

- Sì. Stava parlando del sistema. Credo ne abbia citato delle parvenze... Il fatto di essersi sentito costretto a partecipare al progetto, credo fosse riferito al giro di conoscenze importanti nel territorio a cui è collegato. La sua distorta idea di voler sfruttare gli operati del progetto per eliminare la sporcizia ha fatto poi il resto.

 

- Qualsiasi cosa ci sia dietro il progetto Omnia, ha approfittato del sistema sociale di queste terre per conseguire i loro studi. Inoltre, ha parlato di laboratori...

 

I due rientrarono nella camera molto rapidamente, riassumendo le stesse posizioni abbandonate in precedenza.

All'interno di quei pochi metri quadrati vigeva un disumano senso di agonia, amalgamatosi con una tristezza che non conosceva misura e alla quale l'umanità non avrebbe mai dovuto assistere.

La vittima apparve sempre più indotta ad una rivalutazione personale su tutto ciò in cui aveva creduto fino a quel momento. Gabriele non lo vide smettere di piangere neanche un momento, mentre tremante continuava a fissare le foto ed i fascicoli posti dinanzi a lui.

Armando, più scettico e crudo rispetto al suo compare, cercò per un attimo di comprendere se quello fosse davvero l'inizio di un reale pentimento, oppure il senso di strazio naturale provato da chi sta scontando la pena per qualcosa in cui continuava a credere.

 

Qualcosa di marcio muoveva i fili dietro a quella tragedia.

I due neanche immaginavano quanto fosse profondo quell'abisso e quanto l'uomo potesse realmente essere crudele.

 

-Glielo chiedo ancora una volta...

 

Il giovane si rivolse nuovamente all'interrogato

 

- Che cos'è il Progetto Omnia?

 

-. ..

 

L'uomo ignorò completamente la voce di Gabriele, incurante di quelle che sarebbero potute essere le conseguenze.

Avvolto nello sconforto e nella rassegnazione, scelse di non rispondere.

 

Il ragazzo si avvicinò bruscamente a lui. Gli prese la nuca e con aggressività avvicinò il suo volto alle fotografie.

 

- Guardi! Guardi cosa avete fatto! Osservi lei stesso le conseguenze dello schifo in cui credeva. Guardi come urlano, come anche ora la stanno implorando di smettere. Mi dica, era questo che voleva?

 

- Io volevo solo riavere indietro la mia casa!

 

- E come? Portando al macello chi non era stato fortunato come lei?

 

- Non ero certo di cosa gli avrebbero fatto! Sapevo appena cosa stavano studiando, non avevo idea di quanto sarebbero stati disposti a scendere in basso!

 

Il giovane fece pressione sul capo della vittima.

 

- Me lo dica! Cristo, me lo dica! Cosa stavano studiando?!

 

-L a paura! Stavano studiando la paura! Buon Dio... Buon Dio...

 

Il giovane si ritrasse e, lasciando la presa, concesse alla vittima un momento per riprendersi.

 

Con al suo fianco il Generale taciturno ed in totale difficoltà nel descrivere quello che provava, osservò per l'ennesima volta lo strazio immortalato all'interno delle istantanee, tentando di collegare quelli scempi a quanto scoperto fino a quel momento.

I conti, in un modo o nell'altro, tornavano comunque: se quanto detto dal martoriato fosse vero, il fatto che un'organizzazione avesse voluto approfondire il concetto di paura attraverso pratiche scientifiche calzava a pennello con quello che mostravano le fotografie.

 

Tuttavia, il motivo per il quale uno studio sull'emozione primordiale fosse stato portato agli estremi della sua natura, ancora non lo concepiva.

Pensò a qualsiasi eventualità: governo, milizia, terrorismo ma, nonostante ciò, ognuna delle ipotesi andava a perdersi nel vuoto.

 

In uno scatto di evidente ira, Gabriele sollevò da un lato il tavolo e lo scaraventò nella camera.

Mentre i fogli e le carte andavano ad appoggiarsi al suolo, si rivolse ad Armando

 

- Generale, se ne vada. Mi lasci solo con lui.

 

L'uomo legato sollevò leggermente lo sguardo verso il più vecchio, mostrando il volto più vicino a quello di un bambino in castigo.

Armando si avvicinò all'ingresso e, prima di uscire, si rivolse un'ultima volta al prigioniero:

 

- Sì, ha capito... Non ero il poliziotto cattivo.

 

Quello che accadde all'interno di quella cella, venne documentato solo da urla e rumori che rieccheggiarono lungo tutto il corridoio dei sotterranei.

I suoni del dolore accompagnarono la camminata del Generale fino all'uscita verso la superficie. Iniziò a godere della loro assenza solo una volta giunto nel pian terreno del rifugio.

Diverse unità, rappresentate da persone di tutte le età e sesso, proseguivano nelle loro mansioni, organizzate in un sistema preciso che continuava a conferire sicurezza alla struttura.

Armando proseguì il suo cammino verso i piani alti, ancora in balia di chissà quali pensieri o ragionamenti.

 

Una volta raggiunti i suoi alloggi, aprì la finestra che dava verso il cortile e scelse di smarrirsi fra gli orizzonti di quel panorama.

 

Sospirò e fra sè e sè disse:

 

- Alla fine all'Inferno ci siamo andati veramente.

 

Fuori dal rifugio, aldilà del recinto di veicoli e ferraglia, alternati da strumenti di fortificazione varia e rudimentale, la città galleggiava nel buio e nella desolozione di un orrido scenario di morte e distruzione.

Le strade ed i palazzi affogavano in un liquefame nero come la pece il quale, quasi come se fosse vivo, continuava a ribolire e ad espandersi.

 

In lontananza, appena illuminata dalla luna, una grande muraglia chiudeva i confini del territorio. Appena distinguibile solo da chi ne era a conoscenza e da chi sapeva che da quelle terre non se ne sarebbe andato nessuno.

 

- Ora dobbiamo solo trovare il Diavolo e farci dare le chiavi.

Estratto 04

(SERIE 1)

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