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Estratto 03

(SERIE 1)

Una delle tante saggezze, che la scienza ha potuto donare al mondo, spiega come sia impossibile per l'uomo riconoscere gli odori della propria abitazione.

Per istinto di sopravvivenza, le peculiarità olfattive dell'individuo sono perennemente alla ricerca di nuovi odori, nel caso questi possano indicare l'eventualità di una minaccia. Al contrario, ignorano automaticamente quelli famigliari, non ritenendoli un pericolo.

 

Uno dei motivi per il quale quell'uomo, dalla dubbia età, non volle mai rivelare a nessuno la sua ubicazione, fu proprio per non dover spiegare ogni volta il motivo per cui i suoi vestiti puzzassero di muffa e, di conseguenza, da cosa fossero motivate le sue scarse attenzioni per l'igiene personale.

Concedeva solo a pochi l'onore di conoscere gli indizi che potevano portare al suo passato. Inoltre, non permise mai a nessuno di avvicinarsi abbastanza da minacciare la sua privacy.

 

La verità che oltrepassa il velo dell'ipocrisia e trascende la menzogna, legata al motivo per il quale trasudava tanto fascino dal suo velo di mistero, era mossa solamente dalla curiosità, da parte degli altri, di capire da dove potesse provenire un'anima errante come quella.

Quale bizzarra e fantasiosa crudeltà aveva potutto ridurre un uomo in quel modo?

Quanto poteva essere stato malvagio e vigliacco il destino, per concepire un trauma di quelle dimensioni?

 

Oltre che per un'egoistica curiosità, mossa unicamente dal desiderio di aver qualcosa su cui discutere con i propri amici o parenti, il futuro di quell'uomo non avrebbe comunque mai importato a nessuno.

Un giorno, come per gli altri, il tempo sarebbe giunto alla sua porta. Avrebbe bussato, attendendo in silenzio che lui gli aprisse, per poi invitarlo a giungere in un luogo in cui quelli come lui presto sarebbero stati dimenticati.

Il nulla. Secondo le leggi del sistema, per lui ed i suoi simili, ci sarebbe stato solo il nulla; in questo modo il resto della società avrebbe potuto tirare un sospiro di sollievo per l'ennesima inutile bocca da sfamare, passata a miglior vita, affinché lasciasse spazio utile a chi, sempre secondo il sistema, quel posto lo meritava di più.

 

Questo lui lo sapeva.

L'aveva sempre saputo e non mancava mai di ricordarlo a quelli che, all'interno del suo branco, forse un giorno ne avrebbero divulgato il verbo.

 

Quando e come si fosse formata quella banda di scappati di casa, non era dato da sapere a nessuno. Il motivo per cui tale quesito rimase negli anni privo di spiegazione, è perché in realtà nessuno lo sapeva.

Esattamente come un tempo il Dio cristiano veniva profetizzato: quel gruppo era sempre esistito, qualunque fosse poi la fine a cui andò incontro.

 

Attraverso alcune delle varie sfaccettature dell'umiltà umana e di tutto ciò che concerne un percorso esistenziale in difetto con il sistema, verranno esplicate le circostanze di una realtà sociale, suo malgrado, ancora reale nei tempi moderni.

E' facile al giorno d'oggi, nell'arco delle varie quotidianeità, imbattersi in affermazioni pseudo-infelici che portano la natura del quesito "Com'è possibile che ancora oggi...?":

Com'è possibile che ancora oggi esista questa violenza?

Com'è possibile che ancora oggi accadano queste cose?

Ancora prima di confermare quanto sia possibile andare avanti all'infinito con questa lista, le prossime righe volgeranno l'attenzione sul tema che, per una lettura più comoda, verrà nominato con il termine di "Miserabili".

In una storia terrestre, forgiata dalle peculiarità della natura umana, dove la disuguaglianza viene abilmente mantenuta, gestita e nutrita per favorire un miglior controllo del sistema, i Miserabili si contraddistinguono dalla massa per la loro caratteristica di non essere ben connessi al sistema.

Il sistema, essendo scaltro e intelligente, non necessita quasi mai dell'obbligo di sporcarsi le mani. Non ricorre mai all'eliminazione fisica di un Miserabile, a meno che esso non risulti un ostacolo alla sua crescita.

Il sistema è solito utilizzare metodi più subdoli, come l'abbandono. Un lento ed insensibile allontanamento dalla morale accettazione sociale, mosso dapprima per nutrire un basilare senso di colpa, poi per l'isolamento ed una conseguente auto eliminazione.

 

I Miserabili non sono dei comuni mortali e, paradossalmente, risulterebbe addirittura fuorviante definirli degli eletti. Sono, in realtà, dei reietti. Frutti di concepimenti indesiderati, in lotta con il mondo fin dal giorno della loro nascita.

Un Miserabile, altro non è che un essere umano più sfortunato rispetto agli altri. Non serve essere muniti di deficit fisici o mentali poichè, come già descritto, il sistema è più subdolo.

Non fu mai possibile capire davvero se avesse accettato di esserlo oppure no. Qualsiasi fossero le sue opinioni nei confronti della vita, quell'uomo tendeva sempre ad esprimerle sotto aspetti molto criptici.

Mediamente, una frase su due vestiva sempre i panni di una filosofia di vita.

Spesso poteva risultare difficile comunicare con lui e, per quanto fosse frustrante e pesante convivere all'interno di quel contesto, non ci fu un solo membro di quella banda che non lo ricordò nella vita come un maestro ed un padre.

 

Quale davvero fosse il suo nome, non lo seppe mai nessuno. Allo stesso modo, conoscere le sue origini, ed i motivi che lo resero unico, fu un privilegio che spettò solo a pochi prescelti.

Eppure non è di lui che ha da raccontare questo aneddoto bensì dell'unica persona che, a quei tempi, conosceva molto bene il suo nome.

 

In quelli anni, Luca accettò di essere un Miserabile. Per i suoi simili rappresentò una delle eccezioni in cui lo si poteva diventare, anche nel corso del crescita.

Il sistema rilevò la sua nuova natura quando ancora aveva diciasette anni. La stabilità sociale ed economica della sua famiglia non avrebbe mai permesso che si ammalasse di miseria. Fu la passione per la musica a svincolarlo fra le ramificazioni dell'organizzazione dell'uomo e a permettergli di intravedere il velo dell'ipocrisia, trascendendo la menzogna.

L'amore per una delle più antiche forme d'arte della storia dell'uomo, gli permise così di aprire gli occhi dinanzi ad una verità cui mai avrebbe pensato di venire a conoscenza: la paura dell'uomo.

 

Suo padre gli diceva sempre: "Non parlare mai a nessuno dei tuoi problemi, tanto più non farti mai vedere triste. Devi sempre dire che va tutto bene, anche se non è così."

Non comprese mai fino in fondo quell'insegnamento, fino al giorno in cui si accorse di quanto il resto della società lo stesse lentamente abbandonando.

 

Gabriele non comprese da subito il racconto del più vecchio e, dopo aver bevuto l'ultimo sorso di birra, vi si rivolse dubbioso

 

- Luca, io davvero non capisco. Stavi bene, avevi una bella famiglia, eravate pieni di soldi... Come puoi essere diventato così simile a noi...?

 

Il ragazzo sorrise

 

-Mio padre, come tutti quelli della sua generazione, ha sempre avuto i paraocchi. Non si è mai interessato alla mia passione e non ha mai fatto nulla affinché io potessi evolverla. L'unica cosa che voleva è che io mi interessassi alla sua azienda, così da poterla portare avanti un giorno che l'avessi ereditata.

 

- Continuo comunque a non capire come tu possa esserti trovato in una situazione simile. Insomma, cosa è successo...?

 

- Lo so, è difficile comprenderlo. Vedi... Non si trattava solo di lui. Mia madre è sempre stata dalla sua parte e le famiglie di entrambi sono composte, a loro volta, da persone benestanti. La mia intera parentela può vantare di diversi flussi economici e Dio solo sa che genere di individui sono. Falsi e bigotti che fingerebbero di amarti anche dopo una vita passata a cercare di farti le scarpe, se questo comportasse una firma su un attestato di successione. Io non volevo quello. Io volevo solo conoscere la musica: studiarla, capirla, apprenderne le origini, le varie culture, ma loro non capivano. Fu così che iniziai ad essere oppresso, non solo dai miei genitori, ma anche dagli altri famigliari. Non mi avrebbero mai permesso di raggiungere i miei scopi e, in un modo o nell'altro, sarebbero riusciti ad incastrarmi da quache parte che avrebbe riguardato i loro ranghi. Ho fatto la mia scelta ed un giorno me ne sono andato. Come già avevo previsto, la mia famiglia mi tolse ogni accesso ai loro flussi di denaro e, così facendo, credettero di riuscire ad obbligarmi a tornare indietro. Per un po' sfruttai tutto quello che ero riuscito a mettermi da parte prima della partenza... Tuttavia, gli amici andavano man mano a sparire, il lavoro scarseggiava e le conoscenze diminuivano.

 

Fece una breve pausa, fissando il vuoto per un attimo

 

- Patii molto. Non nego di aver pensato molte volte di tornare indietro, abbassando la testa in cambio di un mio risveglio da quell'incubo. Per alcune settimane alloggiai all'interno di un magazzino, ma poi fui costretto, come gli altri, ad assaggiare la strada. Quando finalmente compresi di essere riuscito a guardare negli occhi il sistema, decisi di andarmene. Non mi importava dove, sarei partito senza guardarmi indietro, totalmente all'oscuro della fine che avrei fatto. Fu così che conobbi El Diablo.

 

Al sentire la pronuncia di quel nome, Gabriele indirizzò brevemente il suo sguardo verso lo strambo leader di quel branco.

L'uomo sedeva davanti all'ingresso del locale mentre, con lo sguardo perso nel vuoto, finiva di fumare la sua sigaretta. Il giovane potè osservarlo adattarsi con l'ambiente circostante, come un monaco che governa la propria pace dei sensi, in attesa che qualcuno possa solo osare interrompere quel mantra.

 

Gabriele assunse l'atteggiamente innocente di un giovane curioso e si rivolse ancora al suo superiore:

 

- Posso... Posso farti una domanda...?

 

Luca sorrise:

 

- E' vietato parlare di lui, lo sai.

 

- Vorrei solo avere delle risposte. Credo di averne il diritto. Non so in quali mani sto mettendo la mia... La mia persona.

 

- Conosci le regole e sei ancora sotto esame. Non fai ancora parte del branco, vuoi bruciarti l'occasione da subito?

 

Fare parte del branco non richiedeva solo una sincera devozione per chiunque facesse parte dei membri, bensì anche una forte prestanza nel rispettare le regole. Era severamente proibito interessarsi della figura del capo, per quanto fossero a fin di bene i quesiti ed i dubbi.

Ogni gruppo o organizzazione sociale nata nella repressione presenta delle regole. Non esisteva perdono per coloro che infrangevano quelle del branco di El Diablo.

Oltre all'esilio, era lui in persona a servire la punizione prima dell'allontanamento.

 

- Va bene, ho capito. Non importa...

 

Alla resa del giovane, Luca lanciò una rapida occhiata velata verso la posizione del leader.

Infine si rivolse nuovamente al ragazzo, abbassando il tono della voce

 

- Anche se volessi darti le risposte, non potrei perché non le conosco. La vita di quell'uomo è un mistero per chiunque appartenga al regno dei bassi fondi. Lui non parla con nessuno, mentre le storie senza autore continuano e la leggenda si alimenta.

 

- Storie...?

 

- Ragazzo, tu non idea di quante se ne dicono su di lui: "il fantasma del quartiere", "Il freddo bipolare" o "l'apatico picchiatore"... Ecco, questo forse non dovevo dirtelo. Il punto è che ci sono dei motivi per il quale è proibito porsi domande su di lui. E' nelle sue intenzioni farti riconoscere l'importanza dei fatti e non delle parole.

 

- Tu sei il suo migliore amico, giusto?

 

- Così sembrerebbe...

 

- Ti ha mai detto perché si fa chiamare così? Tu sai qual è il suo vero nome?

 

- Certo che lo so. Quello che mi ha detto di lui, è solo quello che io devo sapere. Tu, invece, credimi: non vuoi sapere quello che ho dovuto sopportare per saperlo.

 

C'era un motto che come uno spirito guida tutelava le vite dei mebri di quella banda: "Siamo la famiglia che desideriamo e quella che non vorremmo".

Nonostante per molti si fosse rivelata una possibilità di vivere al fianco di qualcuno che soffrisse le loro stesse pene, entrare a far parte del Branco indicava una sconfitta. Una verità molto amara, della quale pochi ne accolsero l'idea: stare lì dentro, vivere in quel nucleo di persone formato da scappati di casa, indicava non essere stati all'altezza della vita e del sistema stesso.

Voleva dire, in fondo, essersi arresi.

Aver cercato riparo con qualcun altro che, come noi, stava piangendo.

 

Alla fine, quello che facevano ogni volta che si radunavano nel loro personale rifugio, un cantiere edile lasciato al tempo, non era tanto diverso da quello che fanno i cani che sopravvivono alle aggressioni: si leccavano le ferite.

Passavano ore e ore a parlare, ma nonostante gli argomenti si alternassero fra quello che credevano di sapere del mondo e quello che avrebbero fatto dei loro sogni, qualora un giorno si fossero avverati, spesso si ricadeva ad indagare su cosa in quella vita li avesse ridotti così.

 

Ad ingegnarsi per riuscire a fumare una sigaretta oppure a contare i centesimi per prendere un caffè.

 

Non era raro, nel loro intimo, dover affrontare l'immagine di qualcuno che scoppiava a piangere, quanto più facile era venire a conoscenza delle scelte sbagliate che qualcuno decideva di affrontare. Poteva capitare che non sopportasse più il peso della disperazione e le soluzioni per sopperire a quelle pene erano sempre più fantasiose.

Se escludiamo il cappio, ovviamente.

 

Con il passare del tempo, tuttavia, ci si accorse sempre più di quanto le serate si ripetessero. Questo nelle volte in cui non decidevano di abbandonare il nido, dirigendosi verso i locali più malfamati, retrovie del reale degrado sociale, i quali diventavano il loro habitat naturale.

Non si sceglie il locale colmo di brutte facce perché ci si rispecchia, ma perché quello è l'unico posto dove si è sicuri di non ricevere umiliazioni.

Erano tutti reietti e poveri. Non c'era molto denaro e quel poco che qualcuno di loro possedeva non veniva giudicato all'interno di quei posti.

 

Quello che normalmente, in un'altra realtà, sarebbe maturato in un gruppo di frequentazioni e amici, sempre pronti all'avventura e costantemente carichi per l'ennesimo tentativo di conquista del mondo, fra risate, litigate, gioie e dolori, divenne la straziante immagine più vicina ad un tugurio del pianto. Una trincea di superstiti, dove i soldati correvano al riparo dalla guerra della vita. La stessa iniziata dal sistema e che lei spesso ingaggiava barando.

La sera in cui Gabriele festeggiò l'ennesimo sconcertante compleanno, i membri del branco organizzarono la serata diverse settimane prima.

Per riuscire a raggiungere la somma pattuita in precedenza per la colletta, ognuna di quelle persone adottò diverse strategie pur di fare la propria parte.

Quelle gesta vennero ricordate negli anni.

Da chi rinunciò a qualche pacchetto di sigarette, a chi vendette qualche bene personale.

Quelle ore gloriose, forgiate nello svago più umanamente trasgressivo, dall'alcol al sesso, furono sufficienti per incoronare l'effettivo ingresso del ragazzo. Venne nominato a tutti gli effetti un membro del Branco Degli Innocenti, così come il loro leader era solito chiamarli.

 

Il pomeriggio seguente, Gabriele concluse il solito e ritualitico giro di consegna di curriculum, alla ricerca di una dignità tanto bramata dal sistema.

Salutò la madre, le diede un bacio e si diresse al rifugio del Branco.

 

Ad attenderlo ci fu proprio Luca

 

- Gabry, prenditi qualche minuto. Vuole parlarti.

 

- Chi...? Lui...?

- Esatto. Non avere paura. Come al solito, mi raccomando, rispetto. Ti sta aspettando di sopra. Ora vai e stai tranquillo.

 

Una volta raggiunto il piano superiore di un palazzo che non sarebbe mai stato completato, il ragazzo poté notare la figura di un uomo sul ciglio della piattaforma di cemento armato.

Agli inizi, Gabriele si chiese spesso da dove arrivasse lo strano macchingegno con il quale si muoveva l'apatica figura. Quel mezzo ricordava vagamente la cabina di trasporto di un sidecar, un po' più lunga e sorretta in verticale, guidata da un motore a pedali, munito di due ruote, posto proprio dove giungevano i piedi e, probabilmente, ricavato da un overboard.

Quando si avvicinò, lo trovò appoggiato allo schienale, mentre fissava l'orizzonte della città.

 

- El... El Diablo, mi cercavi...?

 

Ci vollero diversi ed estenuanti secondi prima di una risposta

 

- Ti piacciono le brioches?

 

Il ragazzo rimase interdetto da quella domanda. L'uomo continuò

 

- Sono molto buone, le brioches. Spesso le persone tendono a dimenticare quelle cose che davvero le rendono felici. Quando siamo bambini, ci basta mangiare una brioches per ritrovare il sorriso. Perché non può essere lo stesso anche da adulti? Perché crescere vuol dire dimenticare di essere felici?

 

- Io... Ehm. Sì, mi piacciono. Alcune sono molto buone.

 

- E' davvero incredibile quello che possono fare. Gli dai un morso e qualcosa nella tua bocca prende il possesso dei tuoi pensieri. Afferra la tua mente e la trascina indietro nel tempo. Quando tutto era perfetto e l'orologio era fermo...

 

Fece una pausa, perso nei suoi pensieri

 

- Com'è andata ierisera? So che vi siete divertiti e che ora fai parte del Branco. Congratulazioni.

 

Gabriele si ritrovò in difficoltà e, tremante e persuaso dalla timidezza, pronunciò una flebile risposta

 

- Sì, ci siamo divertiti...

 

- Ma dov'ero rimasto? Oh, sì. Parlavo delle brioches e quanto siano davvero potenti. Casualmente, ne ho qui con me una confezione. Vorresti farmi compagnia?

 

El Diablo estrasse dalla strana cabina un piccolo pacchetto, dapprima tenuto nascosto al suo fianco.

Lo aprì e prese due merendine ancora sigillate, per poi riporre la scatole laddove l'aveva presa.

Porse una delle due al giovane.

 

Gabriele osservò il dono e, dopo qualche secondo trascorso ad osservare l'involucro, impallidì.

Si trattava proprio della sua marca preferita. Un tipo di merendina molto costoso, che solo poche volte nella sua giovane vita aveva avuto il piacere di gustare. Morso dopo morso.

 

In cuor suo, ben conosceva il costo di quella particolare cibaria.

Si sentì costretto a declinare l'offerta

 

- No. El Diablo... Non posso.

 

- Qual è il problema? Non ti piacciono le brioches?

 

- No! Al contrario. E' che... Insomma... Conosco bene questa marca. E' cara come il diav... Sì, insomma, hai capito. Non posso accettare.

 

L'uomo, seppure continuasse a fissare l'orizzonte, rispose

 

- Sai... Io credo che nella vita ci siano dei momenti fatti per dare un senso a quello che siamo. Ci sono momenti a cui credo sia essenziale dargli dell'importanza. Io credo che questo sia uno di quelli. Forse... Forse un giorno qualcuno scriverà di questo momento. Perchè...? Perchè non vuoi condividere questo momento con me...?

 

Gabriele si decise ed insieme all'apatico leader consumò la prelibatezza nell'amore e nel silenzio.

Lo stesso che ad un tratto, l'uomo interruppe deciso

 

- Te ne concedo una.

 

Gabriele, pur non sapendo il perché, rabbrividì. In qualche modo, quel tono lo fece sentire accusato di qualcosa.

 

- Solo una domanda. Solo una. Ti prometto che risponderò al dubbio che mi porrai nel modo più esaustivo.

 

Il ragazzo fece mente locale e ci vollero pochi secondi affinché ricordasse il dialogo con Luca, avvenuto qualche giorno prima.

La sua mente entrò in conflitto con sè stesso su diversi fronti: da una parte si sentì mortificato dall'imbarazzo, da un'altra ebbe il timore di dover pagare uan qualche sorta di penitenza per aver infranto la regola e, da un'altra ancora gioì per la possibilità di poter approfondire maggiormente la figura dell'uomo.

 

Inconsciamente ammise di essersi preparato più volte all'eventualità di una circostanza simile, quindi incrociò le dita.

Fece un respiro e sperò che quello non fosse un test di cui a breve si sarebbe potuto pentire.

 

- Da quando sono qui, è raro vederti presente in mezzo a noi. Quelle volte in cui lo fai, quando non scherziamo e non ci perdiamo in scemenze, ti ho sentito spesso fare discorsi su tutto quello che ci circonda ogni giorno. Ci hai spesso ricordato di quanto noi non dovremmo essere qui e che qualcosa nelle nostre vite ha fatto in modo che tutto andasse storto. Ci hai spiegato una realtà che spesso presenti con il termine di "sistema", invogliandoci a capire quanto in realtà, nonostante i diversi livelli di ricchezza, siamo tutti pedine di un' emozione che non riusciamo a controllare: la paura.

Ho pensato molto alle tue parole. Ho riflettuto tanto sulla paura e su quanto possa essere davvero lei a guidare le scelte delle persone. Io... Io vorrei sapere qual è la tua.

 

L'uomo, pur non facendo trasparire alcuna emozione che lo potesse indicare, rimase molto colpito dalle attenzioni del giovane. Apprezzò molto la devozione nei confronti dei suoi consigli ed insegnamenti.

Un leggero sorriso comparve sul suo volto e lui rispose

 

- La solitudine. Mi terrorizza la solitudine.

 

Il ragazzo accolse la risposta, ma non riuscì comunque a spiegarsi come El Diablo, abituato ad isolarsi, avesse paura della stessa solitudine.

Dubbio che comunque, semmai, avrebbe dovuto interpretare da solo in futuro.

Per lui la finestra d'opportunità si era appena chiusa.

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